Il trattamento della patologia sinusale mediante segnali elettromagnetici a bassa intensità e frequenza.
Dr. Ivan D’Agostino
La sinusite è potenzialmente inquadrabile come una serie di aspetti patologici multipli; è presente sia la componente infiammatoria, sia quella strutturale/ossea conformazionale, sia quella infettiva. I tre cofattori viaggiano sincroni lungo la linea della sintomatologia, che va dal dolore all’obnubilamento del sensorio.
I segnali elettromagnetici a bassissima intensità possono lavorare, per loro natura, sulle differenti componenti targets della sinusite, disattivarle e stabilizzare il risultato. Inoltre possono farlo in sequenza, poiché vengono programmati dall’esterno, nonché possono agire per un tempo stabilito a monte dall’operatore.
I segnali fisici utilizzati (presequenziati) seguono modelli matematico-fisici estremamente raffinati, che portano alla modulazione degli stati della sinusite, innescando il processo di guarigione.
Il risultato è una tecnologia in grado di:
- favorire il microcircolo locale con un’azione di modificazione dello stato di redox della matrice extra cellulare per dislocamento delle cariche elettrostatiche vicine alla membrana.
- sostenere il processo di inibizione dell’infiammazione (l’effetto antiinfiammatorio è legato prevalentemente al ripristino della Ca-ATPasi di membrana)
- avere un’azione antiedemigena ( L’effetto andiedemigeno è legato all’azione sulle alfa eliche transmembrana in particolare sulle acquaporine per effetto del fenomeno di accoppiamento elettroconformazionale).
- ottimizzare la risposta immunitaria modulando il signaling del Ca++ nei linfociti T e B.
- ottenere un effetto betteriostatico grazie all’azione diretta sulle proteine di membrana.
Tutto ciò potenzia l’azione già nota dell’effetto betteriostatico dei segnali stessi, incrementando notevolmente il miglioramento del quadro clinico.
Il risultato è apprezzabile molto velocemente (seconda-terza applicazione).
8 applicazioni totali da circa 45 min l’una, una per settimana.
Prefazione
L’induzione di un effetto cellulare da parte di un segnale elettromagnetico ha come presupposto la capacità di guidare le varie fasi metaboliche attraverso meccanismi che agiscano su tutti i fenomeni interferenti (batteri, frustoli connettivali etc.) e attraverso l’induzione di cascate chimiche riparative in sequenza.
La morfogenesi evolutiva è un processo creativo a 4 dimensioni di cui una temporale: un ∆qV di volume in un ∆qT di tempo quadridimensionale, guidata dai sensori di membrana, dal citoscheletro e dal sistema dei morfogeni.
La realizzazione del progetto biologico è la risultante delle azioni sulle macchine molecolari, delle informazioni chimico-fisiche interne ed esterne del sistema, integrate, processate e tradotte dal genoma genico e poi realizzate attraverso l’espressione genica.
L’attrattore verso cui si indirizza il sistema tampone può essere guidato attraverso segnali fisici semplici o complessi contenenti informazioni che accelerano le cinetiche delle cascate molecolari.
Qualsiasi forma di energia impatti un sistema biologico modificando il ∆G° e la dinamica funzionale di alcuni segnalatori multipotenziali come il Ca++, o i recettori accoppiati a proteine G, oppure il sistema di trascrizione genica, è in grado di modificare l’attivazione o la disattivazione degli Interruttori molecolari.
Come in una rete booleana stocastica, le pahways derivate dalla modificazione temporanea di questi attrattori omeostatici sviluppano il processo riparativo ripristinando temporaneamente alcune funzioni silenziate dopo la fine della morfogenesi evolutiva. Se i quantum energetico è in grado di trasferire un’informazione complessa specifica (CSI) induce una “catastrofe”(R.Thom 1982) e attrae il sistema verso la realizzazione di un progetto biologico coerente con la tipologia e la struttura dei tessuti coinvolti, attivando dei creodi con traiettorie temporali stabilizzate e tamponate. Da ciò deriva il ripristino funzionale che si realizza. I tempi sono proporzionali alle cinetiche enzimatiche e alla qualità degli enzimi necessari ad una pathway.
Occorre ricordare che il processo riparativo è parte integrante del sistema omeostatico da cui dipende la nostra sopravvivenza.
La bioelettronica di Szent-Gyorgyi
Durante la fase catabolica i sistemi viventi consumano energia per fa fronte a perturbazioni dei loro equilibri, mentre nella fase anabolica si ricaricano di molecole energetiche, sintetizzano i componenti strutturali e riparano i danni prodotti nella fase catabolica. I processi non avvengono simultaneamente. Dal punto di vista bioenergetico le due diverse fasi metaboliche sono chiaramente connesse con due diversi stati redox ed un opposto gradiente elettronico e protonico a livello membranoso: ad esempio la fotosintesi è un processo di riduzione che produce ph acido all’interno delle cellule (nei procarioti) o dei cloroplasti (negli eucarioti), mentre la respirazione è un processo di ossidazione che produce un ph basico all’interne delle cellule (nei procarioti) o dei mitocondri (negli eucarioti). Tali osservazioni ci aiutano a comprendere come una separazione spaziale e temporale sia indispensabile per evitare interferenze distruttive e migliorare l’efficienza delle reazioni.
Il biochimico ungherese Szent-Gyorgi partendo dalle funzioni vitali di una cellula ha cercato di individuare le principali molecole che regolano i meccanismi energetici mediati dal passaggio elettronico da molecole donatrici a riceventi: lo studioso scoprì che la cellula è ricca di molecole donatrici ma povera di riceventi, perciò piccoli cambiamenti nella quantità dei riceventi sono fondamentali per regolare lo stato fisico delle redox cellulari.
Ciò detto influenza in modo considerevole gli stati cellulari quiescenti e attivati, definendo addirittura la stadiazione. Anche lo stesso DNA risponde a questo principio, infatti ad esempio iniettando cellule di teratocarcinoma maligno in un animale adulto si induce la formazione di un tumore mortale, mentre le stesse cellule iniettate nell’embrione si differenziano producendo normali tessuti differenziati (Lieber 1996).
L’iperciclo metabolico a livello cellulare
Se in una cellula si alternano due fasi allora occorrerebbe osservare andamenti ciclici dei suoi componenti metabolici. Infatti sono stati descritti numerosi rimi oscillatori nell’attività cellulare, spesso connessi con il controllo del ciclo cellulare: ad esempio Dioguardi (1990) usando tecniche istochimiche ha messo in evidenza il comportamento degli epatociti, caratterizzato dall’alternarsi di alcune proteine dal nucleo alla membrana esterna e da una successiva migrazione alla direzione opposta. Dioguardi ha ipotizzato l’esistenza di due stati metabolici alternativi nell’epatocita denominati omeoresi (prevalentemente anabolico) e omopoiesi (prevalentemente catabolico).
Il passaggio tra i due stati è determinato dall’interazione tra fattori genetici ed epigenetici.
La cellula ha infatti sviluppato il cosiddetto “sistema sensitivo” (Sarà 1996) per adattare e sincronizzare le sue attività alle variazioni delle condizioni ambientali. Generalmente la fase catabolica viene attivata in presenza di una perturbazione dei normali equilibri di una cellula quiescente: ad esempio, l’attivazione delle cellule immunitario è analoga ad altri fenomeni noti di attivazione dei processi catabolici di trasduzione dell’energia, per attività che consentono l’adattamento della cellula a situazioni di stress (es le heat shock).
Queste osservazioni suggeriscono che sia nel differenziamento che nella trasformazione tumorale sia possibile individuare alcuni meccanismi comuni, per tenendo presente la complessità e l’eterogeneità dei tipi cellulari. Il differenziamento ha, generalmente, come risultato la formazione di aggregati organizzati di cellule anaboliche quiescenti, la trasformazione tumorale porta alla diffusione disorganizzata di cellule cataboliche attivate. La soppressione delle attività di riparazione dei danni alle strutture cellulari è infatti quasi sempre collegata allo sviluppo cellulare oncogeno e ha come risultato la produzione di gran numero di cellule tumorali con mutazioni nel DNA. È importante osservare che durante la fase catabolica non solo aumentano i danni al DNA, che possono portare a mutazioni se non riparati correttamente, ma vengono attivati diversi processi come la retrotrascrizione, la trasposizione e la ricombinazione che portano ad un aumento della variabilità genetica. (Damiani, Panelli, Della Franca; Systema naturae, 2002, vol. 4, pp.279-320)
I mezzi fisici e l’influenza sui sistemi ionizzati
Nella seconda metà degli anni ’70 il prof Warnke condusse un esperimento con i campi magnetoelettrici (CME): l’ipotesi era che una variazione del potenziale di membrana cellulare in un range molto ristretto (es 100mV±1mV) avrebbe accelerato l’ingresso e l’uscita di ioni polarizzati. Per realizzare ciò, Warnke utilizzò segnali sinusoidali che, in seguito, si rivelarono ottimi per stimolare la funzione metabolico/nutrizione della cellula.
Warnke ha sfruttato quindi l’effetto pompa legato ad un conduttore di II specie: una membrana elettrolitica polarizzata ha un valor variabile se sottoposta ad un CME , non assume mai un potenziale medio 0 (di carica elettrica indotta) bensì crea un accumulo di carica ai suoi due lati stessi. (B. Brandimarte, Dispensa magneto laser II) Tenendo conto di quest’ultima osservazione si può osservare l’effetto strutturale determinato dai CME ,che porterà ad un effetto funzionale diretto o indiretto.
Gli effetti strutturali riguardano le variazioni conformazionali delle proteine (es α-eliche) e delle sottostrutture (es β-barrel), che a loro volta variano flussi ionici, protonici (acquaporine), pompe di membrana e transmembrana, mentre i funzionali riguardano le varie funzioni cellulari indotte (es apoptosi).(A. Liboff 1984)
Gli esperimenti eseguiti da Tsong indicano che un debole campo elettrico (20V/cm), a 3,5 °C, è in grado di attivare la funzione Na+/K+ ATPasi, sistema di pompa ionica di membrana. Tuttavia, l’attivazione avviene solo per specifiche frequenze: 1 KHz per K+ e 1 MHz per Na+.
Ciò porta al concetto di “accoppiamento elettroconformazionale” : una proteina enzimatica va incontro a cambiamenti conformazionali per un’interazione coulombiana con un campo elettrico, oppure con ogni altro campo di forze oscillante. Quando la frequenza di campo elettrico corrisponde alla caratteristica cinetica della reazione di trasformazione conformazionale, viene indotta un’oscillazione fenomenologica tra conformazioni differenti dell’enzima. Alla forza di campo ottimale, le conformazioni così raggiunte sono funzionali e le oscillazioni sono utilizzate al fine di compiere l’attività richiesta, ad esempio il pompaggio di Na+ e K+. (Tian Yow Tsong et al 1989).
È ovvio che da tale variazione strutturale indotta sulle proteine derivano una serie di funzioni biologiche modificate dei segnali magnetici esterni.
Una tipica concatenazione tra effetti strutturali e funzionali è il flusso di Ca++ . (Loschinger et al 1999).
Fra i molteplici sistemi di comunicazione cellulare, i sistemi che utilizzano particolari ioni sono da osservare con la dovuta attenzione: è importante notare non solo la rispettiva concentrazione intra ed extra cellulare, ma anche le variazioni di flusso che possono essere interpretate secondo le leggi di Shannon. In altre parole, qualsiasi variazione con spike frequenziato nel tempo rappresenta un segnale specifico, quindi ogni tessuto risponde specificatamente ad una particolare frequenza di spike.
La molecola del Ca++ è una delle molecole segnale fondamentale: essa è in grado di modulare una serie di segnali, fra i quali quelli riparativo/tampone/rigenerativo. Il calcio agisce in relazione alle concentrazioni intra ed extra cellulari ed il segnale dipende dalle frequenze di oscillazione (A.Liboff 1990). La risposta dipendente dalla frequenza può anche non essere oscillatoria. (T. Meyer et al 1991)
In alcuni tipi di cellule una frequenza di spike di Ca2+ attiva la trascrizione di una serie di geni, mentre a frequenza più alta ne attiva un’altra. In che modo le cellule sentano la frequenza dipende presumibilmente da proteine sensibili al Ca2+ che cambiano la loro attività in funzione delle frequenze degli spike di Ca2+.
Una proteina chinasi che agisce da dispositivo di memoria molecolare sembra avere questa proprietà.(B. Alberts et al 2004). Il calcio, inoltre, ha una funzione fondamentale nella regolazione apoptotica: tale ione, rilasciato dal reticolo endoplasmatico per azione del secondo messaggero IP3, prodotto per idrolisi del difosfoinositide di membrana da parte della PLC- , si rivela un mediatore paracrino primario ( E. Salfi 2004). Canali di calcio esistono sia in cellule eccitabili che non e servono come processo di rettifica altamente non lineare, con caratteristiche temporali distinte. Inoltre, questi canali voltaggio dipendenti risultano essere oscillatori di calcio altamente sensibili alle perturbazioni ambientali deboli.
Infine, gli spazi di membrana e di tessuti interconnessi attraverso le gap junction risentono dell’effetto carrier dello ione calcio per il loro sistema di informazione. (Kenneth J. McLeod)
Azione dei CME sul citoscheletro
Gli studi di Chu Kp et al hanno dimostrato che segnali magnetoelettrici di 50Hz a 2 mT, somministrati per 30 min sono in grado di riorganizzare filamenti di citoscheletro. Molti studi si sono occupati delle funzioni fondamentali della cellula in relazione all’induzione magnetoelettrica ed elettromagnetica, arrivando alla conclusione che i CME incrementino la proliferazione cellulare, il differenziamento, l’orientamento e la segnalazione cellulare, inoltre ne modulano l’apoptosi. È evidente che la funzione cellulare è regolata da una serie di reazioni enzimatiche che possono essere accelerate dai CME, come si è potuto dimostrare sull’attività della citocromo C ossidasi. Quest’ultimo è coinvolto nel trasporto elettronico, catalizzando la razione : 4 ferrosocitocromo C + O2 + 4 H+ → 4 ferricocitocromo C + 2H2O.
Il citocromo C ossidasi è una proteina integrale della membrana mitocondriale interna e contiene un gruppo porfirinico contenente ioni Fe2+ o Fe3+ se ridotto o ossidato. La riduzione dell’ossigeno è accompagnata dall’estrusione di quattro protoni da compartimento intramitocondriale.
Il consumo di quattro ioni idrogeno per molecola di ossigeno e la traslocazione di quattro ioni idrogeno attraverso la membrana mitocondriale interna sono responsabili del mantenimento di un gradiente di pH sui due lati della membrana, gradienti da cui dipendono la fosforilazione di ADP ed ATP e la produzione di energia della cellula.
Quindi i CME sono in grado di modificare la struttura spaziale delle proteine filamentose e di conseguenza il citoscheletro. (A. Liboff 2004)
Azioni dei CME sulla MEC, l’interfaccia di scambio che regola i flussi di informazione chimico-fisica.
Le cellule dei tessuti connettivi sono immersi in un’intricata matrice extracellulare, che non soltanto lega insieme le cellule, ma ne influenza la sopravvivenza, sviluppo, forma, polarità e comportamento. La matrice contiene varie fibre proteiche intessute in un gel idrato composto da un reticolo di catene di glicosaminoglicani (GAG).
I GAG sono un gruppo eterogeneo di catene polisaccaridiche cariche negativamente che (eccetto per l’acido ialuronico) sono unite covalentemente a proteine a formare molecole di proteoaminoglicani. Essi occupano un grosso volume e formano gel idrati nello spazio extracellulare. (B. Alberts, A. Johnson, J, Lewis, M. Raff, K. Roert, P. Walter; Biologia molecolare della cellula. Zanichelli, 2004)
La matrice extracellulare può essere assimilata ad un gel polimerico composto da una componente di proteine fibrillari (collagene, elastina e fibrine) dotata di una organizzazione spaziale e una componente amorfa altamente idrofila costituita da glicosamminoglicani (proteoglicani e acido ialuronico).
La funzione biologica principale della matrice extracellulare è di controllare e regolare il trasporto di nutrienti e di fluidi attraverso i tessuti. Il trasporto di macromolecole nella matrice extracellulare può avvenire sia per diffusione che per convezione e dipende, oltre che dalle caratteristiche chimiche delle molecole stesse, anche e soprattutto dalla composizione e struttura della matrice interstiziale.
I dati sperimentali indicano che il controllo del trasporto interstiziale dei fluidi e di macromolecole avviene attraverso un interazione sinergica fra il collagene, o altri componenti fibrillari della matrice, e i proteoglicani. Il collagene garantisce un integrità strutturale e meccanica della matrice mentre i proteoglicani, ancorati al reticolo fibrillare, sovrintendono al moto di fluidi e macromolecole. Questi risultati indicano che l’organizzazione strutturale della matrice e le interazioni fra i suoi costituenti, rappresentano i parametri che maggiormente controllano la resistenza al trasporto interstiziale.
– La matrice extracellulare permea le aree extracellulari dell’intero organismo, raggiunge ciascuna cellula e reagisce sempre i modo uniforme. Nei gruppi di cellule epiteliali o cerebrali dove l’area extracellulare è ridotta al minimo, la matrice extracellulare forma la sostanza intercellulare.
Dal punto di vista biochimico, la matrice extracellulare forma una rete di complessi zuccheri-proteine di polimeri ad alto peso molecolare, con i proteoglicani predominanti, glicoproteine strutturali ( collagene, elastina, fibronectina, laminina ed altri ancora) .
I proteoglicani (PG), i glicosaminoglicani (GAG) e le glicoproteine strutturali formano un filtro molecolare attraverso il quale l’intero metabolismo dei capillari deve penetrare verso la cellula e viceversa. Le molecole oltre ad una certa dimensione e/o carica sono soggette ad un effetto di esclusione.
La dimensione dei pori del filtro è determinata dalla concentrazione esistente di PG/GAG nella zona di tessuto interessata, dal loro peso molecolare e dagli elettroliti e dal valore del PH. La carica negativa dei PG/GAG ha un significato funzionale decisivo, che li rende in grado di effettuare un legame con l’acqua ed uno scambio di ioni, di cationi monovalenti contro i bivalenti.
Essi sono i garanti per la isoionia, isoosmia e isotonia della matrice cellulare ( Hauss 1968). Il tono elettrostatico di base reagisce ad ogni cambiamento della matrice extracellulare con deviazioni nel potenziale. L’informazione messa in codice, può così informare la membrana cellulare come una deviazione potenziale del glicocalice e, se sufficientemente forte, selezione dell’informazione, porta ad una reazione cellulare tramite depolarizzazione della membrana cellulare (ad es. cellule muscolari o nervose), oppure come in tutti gli altri tipi di cellula.
Tramite l’attivazione di messaggeri secondari sulla membrana da parte dei CME (AMP ciclico, inositolo trifosfato e altri ancora) si trasmettono informazioni codificate nella sostanza di base agli enzimi citoplasmatici (A. Liboff 2004).
Questo approda ai nuclei cellulari e può finalmente venire a contatto con il materiale genetico dei nuclei cellulari nel luogo appropriato. Segue la trascrizione della parte appropriata del DNA (gene) nei vari tipi di RNA.
In passato la MEC veniva definita come “funzione di sostegno nei confronti dei tessuti”.
Attualmente si definisce come :
- supporto informativo di insuperabile efficienza
- struttura ubiquitaria e dinamica ad alta vibrazione elettromagnetica per la caratteristica polarità dei suoi componenti, soggetta a continue variazioni di costante dielettrica, di pH e di viscosità.
Elettrofisiologia della cellula e dell’ambiente extracellulare
I segnali bioelettrici generati dai canali ionici giocano un ruolo fondamentale nella genesi di eccitazione e di conduzione dell’impulso cellulare.
L ‘ambiente esterno dev’essere recepito e decifrato dalla cellula, tanto da adeguare il suo stato omeostatico e stabilire quale informazione deve avere o no seguito in azioni che possano mutarne la dinamica nel tempo.
A tale scopo la cellula presenta due meccanismi sofisticati:
- il glicocalice
- i canali ionici voltaggio-dipendenti
Il glicocalice (Bennet et al 1963) è costituito da glicoproteine, glicolipidi e proteoglicani la cui frazione è ancorata alla membrana cellulare. La frazione proteica può anche costituire parte integrante della membrana e attraversarla, entrando in contatto con i microfilamenti della cellula e rendendo possibile la trasmissione diretta delle informazioni dall’ambiente extracellulare a quello intracellulare.
Dalla porzione extracellulare (ectoregione) delle glicoproteine e glicolipidi si diramano catene glicidiche di GAG che in posizione terminale recano per lo più acido sialico, con forte carica negativa. Il glicocalice risulta così dotato di proprio potenziale (potenziale Z), che riveste un ruolo cruciale per il filtraggio di informazioni, l’attivazione di secondi messaggeri citoplasmatici ( c AMP, cGMP) o la trasmissione diretta delle informazioni al citoscheletro (Heine e Schaeg 1979).
Anche gli ingressi dei canali ionici transmembrana sono contornati da componenti del glicocalice (Kreis e Vale 1993).
Le catene glicidiche possono essere legate alla base proteica in posizione O-glicosidica, cioè al gruppo ossidrilico (OH) dell’amminoacido serina o treonina, oppure, come nelle catene dei GAG contenenti acido sialico, in posizione N-glicosidica, cioè al gruppo amminico dell’asparagina.
Come nella matrice extracellulare , la maggior parte delle glicoproteine e dei proteoglicani del glicocalice presentano entrambe le forme di legame in quantità differenti (Knecht 1992).
Al microscopio elettronico appare come una polverina granulare che copre completamente la porzione superiore del tessuto, insinuandosi tra un microvillo e l’altro (laddove sono presenti microvilli) e andando ad occupare anche lo spazio di circa 20nm che intercorre quasi sempre tra una cellula e l’altra. In alcuni tessuti è possibile notare una zona amorfa di circa 20nm, direttamente in contatto con le teste fosfolipidiche e le proteine di membrana, ed una zona esterna di aspetto più ordinato e sottile.
I canali voltaggio dipendenti (HVA e LVA) traducono segnali elettrici in metabolici.
Essi sono macromolecole proteiche che attraversano una membrana biologica e che consentono il transito di ioni, nella direzione determinata dal gradiente elettrochimico.
In genere, gli ioni tendono a spostarsi da una regione a maggior concentrazione verso una a concentrazione minore, ma in presenza di un gradiente elettrico è possibile che non vi sia flusso anche in presenza di gradiente di concentrazione. Il canale ionico può essere aperto o chiuso modificando la differenza di voltaggio ai lati della membrana (canali a controllo potenziale) o legando una sostanza chimica ad un recettore nel canale o nelle sue vicinanze (canali a controllo di ligando).
Quest’ultima distinzione, tuttavia, non è rigida in quanto vari canali a controllo di potenziale possono essere modulati da neurotrasmettitori o da ioni Ca++.
Legame tra segnali bioelettrici e controllo cellulare tramite modifiche di voltaggio
Il ciclo cellulare è un processo molto importante, errori possono compromettere la vitalità cellulare. Per tale motivo, nel ciclo cellulare, sono presenti dei checkpoints localizzati a livello delle transizioni G1/S e G2/M. infatti, tra le fasi S e M intercorrono due istanti di tempo detti gap: G1 fra la fine della mitosi e l’inizio della fase S e G2 fra il termine di fase Se l’inizio della fase M.
In questi periodi si ha la maggior parte della sintesi proteica, con conseguente aumento della massa cellulare, e la realizzazione dei controlli che impedisco l’inizia della fase successiva se non è completata quella precedente.
G1 e G2 possono subire la maggior variabilità di durata e in alcuni casi particolari posso essere anche eliminate, contrariamente a S e M.
Conduzione, processamento e trasduzione del segnale (via ottico-magneto-elettro-acustica)
Il segnale fisico viene captato dal glicocalice dotato di potenziale Z, che ha un ruolo decisivo per il filtraggio di energia, l’attivazione di secondi messaggeri citoplasmatici (cAMP, cGMP) o la trasmissione diretta di energia al citoscheletro. Dalla membrana al nucleo è presente un network polimerico piezoelettrico costituito dalla rete microtubulare, filamenti intermedi e di actina. La polarizzazione da codice elettromagnetico endogeno (accompagnato eventualmente da un esogeno) porta il microtubulo ad emettere onde acustiche nel range inferiore ultrasonico, dovute a deformazioni oscillanti del polimero modulate dall’ambiente H2O-clusters, all’interno della cavità tubulare.
Le variazioni conformazionali dei dimeri di tubulina sono un sistema di trasduzione dei segnali ordinato e preciso. Il segnale, attraverso le oscillazioni microtubulari, attiva i potenziali oscillanti da vibrazione ultrasonica a 220Hz (Jossinet et al 1998), i quali vengono condotti fino al nucleo (Portet et al 2005)come onde solitoniche. Queste energie deboli possono interagire con i legami idrogeno del DNA permettendo una trascrizione delle proteine. Il DNA a sua volta emette fotoni in relazione alle reazioni indotte e questi vengono condotti per via retrograda attraverso l’acqua clusterizzata dei microtubuli come radiazione ottica, assimilandosi a sinapsi fotoniche, fino alla membrana, come segnale di avvenuta trasduzione del segnale (E. Del Giudice 2010). Questa via ottico-magneto-elettro-acustica è un sistema di captazione, processamento e trasferimento del segnale dall’ambiente extracellulare fino al nucleare (F. Crescentini 2011)
L’informazione trasmessa attraverso segnali fisici esterni
E’ possibile influenzare la funzionalità cellulare dall’esterno con segnali fisici appropriati (F. Crescentini 2013). È possibile indurre cambiamenti funzionali pilotando alcune importanti reazioni biochimiche (F. Crescentini 2009).
È possibile rendere le cellule più resistenti all’ipossia (Di Carlo et al 1998).
I CME sono in grado di modificare le reazioni chimiche nelle soluzioni acquose polari, come dimostra l’effetto Piccardi, ricordiamo che il nostro organismo è costituito per l’80% di acqua che è presente nella cellula come soluzione polare.
I CME inoltre sono in grado di modificare il flusso ionico e protonico delle membrane cellulari, modificando il grado di polarizzazione e di permeabilità.
I CME modificano il signaling cellulare accelerando il trasferimento elettronico, attraverso l’azione diretta sulle gap junction e sulle molecole segnale, compresi i morfogeni (F. Crescentini 2013).
Tutto ciò è possibile utilizzando strumenti a campi magneto elettrici complessi, differenti dai campi semplici per geometria di campo, creata attraverso la produzione di armoniche da parte di ogni porzione dell’onda. ( G. Preparata 1995) Sequenziando una serie, seppur limitata, di combinazioni di frequenza, tempo, geometria di campo ed intensità di segnale si può trasferire un segnale elettrico/informazionale sul target di riferimento.
L’informazione deve essere sufficientemente complessa da attivare simultaneamente tutte le cascate chimiche dedicate al processo che si vuole ottenere, cominciando dalla formazione dei network fibrillari (B Cuccurazzu et al 2010), passando per i canali ionici e protonici (A. Liboff 2004), proseguendo con la segnalazione cellulare short range e long range (Y LI et al 2002).
La caratteristica fondamentale dell’informazione è la possibilità di essere codificata in un numero di modi virtualmente infinito. Ciò che accomuna tutti i modi è l’utilizzo di devices specifici. Le parole parlate, ad esempio sono costituite da fluttuazioni nella pressione dell’aria, quelle scritte da molecole di inchiostro su carta, persino gli stessi pensieri dipendono da reti neurali deputate. La quantità di informazione che può essere trasportata da un segnale radio è proporzionale alla sua frequenza (teorema della modulazione). Per modulazione si intende la tecnica di trasmissione di un segnale elettrico o elettromagnetico detto modulante (eventualmente rappresentante un’informazione), per mezzo di un altro segnale elettrico o elettromagnetico detto portante, che ha lo scopo di convertire il segnale da banda base a banda traslata secondo il teorema della modulazione. I segnali da modulare possono rappresentare le informazioni più diverse: audio, video, dati.
In generale, il motivo per cui si utilizza la modulazione risiede nel fatto che i segnali rappresentanti le informazioni da trasmettere sono in prevalenza di natura passa-basso (il loro contenuto spettrale è concentrato per lo più a basse frequenze), mentre i canali trasmissivi che più comunemente si utilizzano, per poter trasmettere più segnali modulati contemporaneamente (come canali hertziani e fibre ottiche) sono di natura passa-banda. Occorre quindi convertire in frequenza lo spettro del segnale elettromagnetico rappresentante l’informazione; inoltre, l’impiego di questa tecnica permette di trasmettere segnali elettrici a grande distanza senza sovrapposizione di altre informazioni.
L’onda portante è un’onda elettromagnetica a frequenza ben determinata (molto maggiore alla frequenza del segnale modulante), che può essere trasmessa in aria, nel vuoto, o tramite mezzo materiale opportuno; nel nostro caso si è scelto un materiale altamente carico e conduttivo rappresentato dall’argento ionizzato. Abbiamo ritenuto opportuno utilizzare un segnale modulato onde ridurre gli effetti del rumore: la natura del segnale stesso è tale da concentrare il suo spettro nelle frequenze più basse, mentre mezzi trasmissivi hanno una miglior risposta in frequenza a frequenze più elevate. In questo modo possiamo evitare le distorsioni di segnale da parte dell’ambiente, quindi il dispositivo non perde efficacia in presenza di qualunque agente chimico/fisico .
Interazione elettrodebole
La teoria elettrodebole presenta una descrizione unificata di due delle quattro interazioni fondamentali della natura: l’elettromagnetismo e la forza nucleare debole.
Anche se queste due forze sembrano molto deboli alle basse energie della vita quotidiana, la teoria le modellizza come due aspetti differenti della stessa forza: al di sopra dell’energia di unificazione, dell’ordine di 10² GeV, diventano una singola interazione elettrodebole.
Il modello standard (MS) è una teoria che descrive tutte le particelle elementari ad oggi note e tre delle quattro forze fondamentali note, ossia le interazioni forti, quelle elettromagnetiche e quelle deboli (queste ultime due unificate nell’interazione ultradebole). Si tratta di una teoria di campo quantistica, coerente sia con la relatività speciale che con la meccanica quantistica.
Ad oggi le previsioni del MS sono state in larga parte verificate sperimentalmente con un’ottima precisione.
I campi magnetici endogeni sono campi ultradeboli fluttuanti, derivati dalle variazioni di campo elettrico date da dipoli variabili, intra ed extra cellulari, in reazione alle dinamiche di flusso ionico e dalla loro interazione con le proteine polari. Sono campi a variazione continua e analizzabili sono con sistemi matematici non-lineari. La loro non-linearità è strettamente legata alla non-linearità del flusso ionico.
Data la loro intensità, nell’ordine dei picoTesla, essi possono essere influenzati da dispositivi esterni, con cui tendono a creare un equilibrio (Y. Zimmels 1990).
Questo equilibrio lo si può analizzare tramite la fisica stocastica.
I campi endogeni sono responsabili, in parte, assieme alle cariche libere delle proteine e agli stati di attivazione delle molecole di acqua (E. Del Giudice 1995), della buoyancy elettromagnetica del citosol, ossia la capacità del sol di far fluttuare le micro particelle cariche. Anche questa è una caratteristica fisica del citosol che determina la sua densità relativa (M Namba et al 2000)
Tutto ciò ci aiuta meglio a comprendere come, essendo i campi endogeni talmente sottili da essere fortemente condizionabili, basta un’infinitesima quantità di energia per far adeguare il lavoro cellulare alle condizioni presenti momento per momento (SJ Williamson 1990).
References
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