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L’osteonecrosi delle ossa mascellari

In seguito a ripetute segnalazioni in letteratura, a partire dalla seconda metà dell’anno 2003, ed ad una revisione dell’Office of  Drug Safety dell’ FDA alla fine dell’anno 2004, è ormai accertata la possibilità dell’insorgenza di osteonecrosi delle ossa mascellari ( necrosi ossea avascolare mascellare) in pazienti sottoposti a chirurgia odontoiatrica che hanno utilizzato nei mesi o negli anni precedenti bifosfonati sia per via iniettiva che per os.

I bifosfonati più comunemente responsabili di tale patologia sono:

  • Zolendronato/ac. Zolendroico (zometa)
  • Pamidronato (aredia)
  • Alendronato (fosamax)
  • Risendronato (actonel)
  • Clodronato (clasteon)

Questi farmaci agiscono  selettivamente sul tessuto osseo, perché inibiscono la funzione degli osteoclasti e  sono somministrati in tutte quelle malattie dove c’è un’aumentato riassorbimento osseo: Le principali indicazioni all’utilizzo di bifosfonati sono:

  • le neoplasie maligne, frequentemente associate alle metastasi ossee  (mieloma multiplo, cancro della mammella, carcinoma prostatico)
  • le osteoporosi  di varia natura
  • la chirurgia ortopedica per stabilizzare i mezzi di osteosintesi
  • le terapie croniche con corticosteroidi
  • la malattia di Paget
  • gli iperparatiroidismi primitivi o secondari

I bifosfonati, più specificamente, agiscono inibendo la funzione degli osteoclasti, impedendone la migrazione, ne attivano l’apoptosi e ne diminuiscono l’emivita, pertanto riducono la loro attività di rimodellamento sull’interfaccia del tessuto mineralizzato.

E’ probabile che tali molecole, impedendo il fisiologico turn-over osseo con conseguenti microdanni  strutturali,  ne compromettano la vascolarizzazione riducendo i livelli dei fattori di crescita per le cellule endoteliali ed inibendo, quindi, la funzione di tali cellule e l’angiogenesi.

Sono, inoltre, farmaci che non essendo metabolizzati, mantengono alte concentrazioni a livello dell’osso per un lungo periodo di tempo. Non esistono dati in letteratura sulla durata della permanenza dei bifosfonati nel tessuto osseo, sugli effetti ischemici in rapporto alla posologia, se questi siano di natura cumulativa e se dipendano dalla durata del trattamento con  bifosfonati.

Aspetti clinici

Si presentano spesso come focolai osteomielitici singoli o multipli, in sede mascellare o mandibolare ed insorgono frequentemente dopo un’estrazione dentaria o altra chirurgia odontoiatrica, anche se sono stati segnalati casi sporadici senza alcuna causa apparente.

Inizialmente appaiono come banali patologie infiammatorie alveolari ma sono refrattarie alle terapie sistemiche (antibiotici per via parenterale e orale) ed alle terapie antisettiche topiche e tendono progressivamente ad estendersi alle zone limitrofe.

Generalmente, i pazienti, in fase avanzata, mostrano un’esposizione a livello del cavo orale di tessuto osseo necrotico accompagnata da flogosi acuta o sub-acuta in atto che tende a migliorare in seguito a terapia medica per poi rapidamente recidivare. Le indagini strumentali (ortopantomografia, TC, RMN) mostrano una zona di rimaneggiamento osseo spesso di difficile interpretazione accompagnata in maniera quasi costante da una importante reazione periostale.

Oggettiva la difficoltà di valutazione tridimensionale del segmento osseo interessato. Il quadro clinico, modulato ovviamente dalla malattia sistemica del paziente, può essere completato dalla presenza di fistole a carico dei tessuti molli e da decadimento delle condizioni generali.

La terapia della osteonecrosi da bifosfonati consiste nella somministrazione di antibiotici sistemici a cicli, guidata o meno da indagini microbiologiche, irrigazioni locali di antisettici, associata a terapia antalgica. La chirurgia viene riservata ai pazienti sintomatici che non rispondono a terapia medica e viene considerata gravata da complicanze e recidive che rendono incerta la prognosi e riducono in maniera significativa la qualità di vita del paziente.

Gli odontostomatologi, alla luce delle attuali conoscenze, dovrebbero astenersi dal praticare terapie chirurgiche in pazienti trattati con bifosfonati. La prevenzione di tale grave complicanza sembra essere, attualmente, l’unica strada percorribile, in attesa di studi a lungo termine in campo clinico e maggiormente approfonditi in campo biologico che ci forniscano ulteriori informazioni.

Nel seguente magistrale lavoro eseguito dal Dr.Crescentini, si denota una possibilità terapeutica non invasiva e dai risultati molto interessanti

Microchirugia Orale laser-magneto-assistita: un passo verso la medicina rigenerativa fisica e biotecnologica

dell’osteonecrosi avascolare infetta da difosfonati.

Crescentini F

Reparto di Odontoiatria- Div. di Microchirurgia laser-magneto assistita

Cristo Re Hospital – Rome –

Parole chiave: Bronj, osteonecrosi da difosfonato, chirurgia microscopica, laser LBO 532nm, campi magnetici, bCGF, chirurgia delle osteonecrosi mascellari e mandibolari.

Abstract

L’uso  di  mezzi  fisici  come  i  laser  ad  ottica  non lineare LBO 532 nm e i Campi Elettro Magnetici Complessi (CME) ultradeboli    e    mezzi    biotecnologici,    come    il concentrato  di  fattori di  crescita  bCGF  (1)  ottenuto da una separazione di fase del sangue è in uso nella chirurgia   rigenerativa   con  il  nome  di  Protocollo Chirurgico Multi Fattoriale(2).

Gli  autori  hanno  allargato  queste  metodiche  anche alla    terapia    delle    osteonecrosi    dei    mascellari associate all’uso dei bifosfonati (3).

I metodi prevedono l’applicazione dei protocolli di decontaminazione, microfotoablazione e induzione laser-magnetica         dei         processi         riparativi (fotoriparazione), su scaffold fibrinico, sfruttantando come supporto, solo materiale autologo e chiamando in causa l’effetto osteomorfogenetico comunemente ottenuto con questi protocolli. I casi clinici

presentati evidenziano la qualità e le modalità di riparazione con effetto osteomorfogenetico 3D e danno     spunto    alla     comunità     scientifica     ad incrementare le conoscenze biologiche e biofisiche, auspicando che studi futuri possano allargare ulteriormente    gli    orizzonti    di    questo    sapere affascinante che riguarda la biofisica  informazionale (4) e la medicina molecolare.

Introduzione

L’osteonecrosi  dei  mascellari  da  bifosfonati  è  una necrosi          avascolare          conseguente          alla farmacodinamica del pirofosfato inorganico. Questo farmaco  prodotto  per  le  sue  capacità  di  limitare  la neoangiogenesi molto utile nella patologia tumorale

ha  trovato  anche  campo  di  applicazione  in  molte altre  patologie  soprattutto in quelle  date da  alterato metabolismo del calcio. La  molecola proprio per la sua    capacità    a    simulare    l’ATP    è    fortemente appetibile dagli osteoclasti che, una volta inglobata, vanno  in  apoptosi  interrompendo  così  il  delicato  e complesso  meccanismo  di  signaling che  governa  le isole  riparative  presenti  in tutte le  aree  scheletriche in    fase    di    rimaneggiamento.    L’osso    nel    suo complesso  si  viene  così  a  trovare  in  una  situazione di svantaggio nel controbilanciare tutto ciò che può alterare     gli     equilibri     interni     fra     sintesi     e rimodellazione.

I  mascellari  rappresentano  le  aree  scheletriche  che più sono sottoposte ad insulti infiammatori, infettivi e  traumatici  e  in  quanto  tali  sono  maggiormente esposti     ai     fenomeni     osteonecrotici     che     si manifestano  in  maniera  elettiva  là  dove  il  trauma osseo  si  associa  facilmente  ad  una  contaminazione immediata,  progressiva  ed  inarrestabile  poiché  la bocca è una  fonte continua di infezioni e dal punto di  vista  biologico  ha  temperatura  costante,  umidità costante e residui organici.

I  sintomi  delle  osteonecrosi  hanno  una  stadiazione legata  alla  quantità  del  coinvolgimento  tessutale  in cui  da  piccole  esposizioni  si  può arrivare  ad  ampie aree di scopertura ossea, maleodoranti, con febbre e ascessi;   l’estensione   grave   riguarda   l’apertura   di fistole  esterne  molto  ampie  con  coinvolgimento  di strutture  algogene  e  quindi  forti  episodi  di  dolore associati a malessere generale ed astenia. Si capisce ovviamente   che   anche   la   vita   di   relazione   del paziente viene sconvolta.

 

La   terapia   chirurgica   convenzionale,   prevede   la rimozione  di  ampie  aree  di  osso  necrotico  (a  volte con esiti mutilanti) e copertura immediata con lembi mucosi   per   prima   intenzione;   il   must   di   questa terapia è quella di tenere chiuse le porte al passaggio ai  microbi  e  una  terapia  antibiotica  e  antifungina consistente e di lunga durata.

La  chirurgia  microscopica  permette  di  migliorare sensibilmente  la  qualità  dell’intervento  in  relazione ad    una    visione    magnificata    dal    microscopio operatorio  permettendo  la  visione  dettagliata  anche delle  cavità  come  nelle  cisti  e  un  debridment  con risparmio di osso nelle lesioni osteonecrotiche.

Lo stereomicroscopio è un sistema d’ingrandimento che  ci  permette  di  curare  i  particolari  microscopici utili in tutte le fasi della chirurgia. È costituito da un corpo  centrale  che  contiene  le  lenti  in  sequenza alternata    sia    concave    che    convesse    la    cui disposizione  ,  su  due  canali  (  uno  per  la  visione dell’occhio di destra ed uno per quello di sinistra) è legata   alla   progettazione   della   casa   costruttrice. L’obbiettivo   sta   in   basso   verso   il   paziente   e stabilisce  oltre  al  primo  ingrandimento  anche  la focale, cioè la distanza tra il microscopio e il sito da operare ( la focale varia da 200 mm a 600 mm). La visione binoculare procede  verso il portaoculari che deve essere inclinabile ( da 30° a 260°) e contiene il sistema di regolazione della distanza bipupillare; gli oculari   intercambiabili   permettono   un   ulteriore ingrandimento  e  la  regolazione  delle  diottrie  per  la messa     a     fuoco     a     seconda     delle     esigenze dell’operatore.   Tra   il   corpo   e   il   portaoculari   è collocato    il    partitore    ottico    che    permette    i collegamenti   con   una   telecamera    e   quindi   la documentazione    video.    Per    la    chirurgia    vale comunque il detto : “ DOVE NON E’ POSSIBILE VEDERE SI PUO’ SOLO INVENTARE” e infatti il binomio  “  Sicurezza  e  Precisione  “  è  legato  alla visione magnificata.

Dal   punto   di   vista   clinico   come   prima   cosa,   è essenziale intervenire sul biofilm batterico sfruttando  l’effetto  laser-magnetico.  Il  biofilm è  un sistema organizzato che evolve progressivamente, in cui la dinamica della popolazione microbica assume alti  livelli  di  complessità  intrisa  in  una  sostanza polimerica extracellulare. Sono presenti   batteri ( da 2  a  15  ceppi  diversi)  cocchi,  bacilli  fuso-spirillari compresi   selenomonas   e   tre   tipi   diversi       di treponemi;  anche   i  funghi  di  tipo  candida  sono presenti   in   coaggregazione   nei   diversi   strati   di biofilm.    La    matrice    polimerica    anionica    che completa   il   sistema   cattura   minerali   e   nutrienti dall’ambiente     e     permette     un     alto     livello comunicazionale    cellula-cellula    grazie    ad    un incremento del quorum sensing batterico. Il quorum sensing (5) è un sistema di regolazione trascrizionale dipendente    dalla    densità    cellulare,    ovvero    un meccanismo che molte cellule batteriche della stessa specie  utilizzano  per  comunicare  tra  di  loro  e  per comunicare   con   specie   diverse,   comunicazione specie-specifica    e    inter-specie.    Meccanismi    di quorum  sensing  sono  stati  individuati  nella  quasi totalità   dei   batteri   sia   gram-negativi   che   gram- positivi.

Il sistema è composto da due elementi: la  molecola segnale  (solitamente  un  omoserina  lattone  acilato, specifico      per      ogni      specie)      e      l’attivatore trascrizionale.  La  molecola  segnale  è  un  induttore che  diffonde  all’esterno  della  cellula  originaria,  e può   così   entrare   nel   citoplasma   di   altre   cellule adiacenti. Se la concentrazione di  molecola  segnale all’interno  di  cellule  della  popolazione  batterica  è alta,    questa    molecola    si    legherà    all’attivatore trascrizionale,  che  a  sua  volta  attiverà  o  reprimerà una  serie  di  geni,  determinando  l’attivazione  o  lo spegnimento di  vie  metaboliche o  processi cellulari specifici.

Il   laser   non   lineare   LBO   532nm,   ampiamente sperimentato    per    gli    effetti    antimicrobici    di interferenza     sul     sistema     comunicazionale     e attraverso     il     meccanismo     di     optoporazione permanente (6) della membrana microbica, che innesca uno shock osmotico il quale fa esplodere la cellula  batterica.  Si  associa  inoltre  l’effetto  simil- ciclotronico     (7)     dei     campi     magnetici,     che imprimendo  un  moto  rotazionale  ai  batteri  in   un   campo   magnetico   radiale   complesso   in relazione ed in proporzione alle cariche elettriche di superficie della membrana batterica, non permette la formazione di colonie.

Materiali e metodi

Il  nostro  protocollo (3)  prevede  una  revisione  delle procedure  chirurgiche descritte in letteratura perché l’uso  di  mezzi  fisici  e  biotecnologici  introduce  un nuovo  punto  di  vista  sui  processi  di  guarigione  e dove possibile, di rigenerazione, in quanto si agisce a più livelli nei meccanismi riparativi e di controllo dell’infezione

Il    protocollo    chirurgico    prevede    un    assunto inderogabile:  utilizzo  unico  di  materiali  autologhi, osso    autologo,    fattori    di   crescita    e    staminali autologhe.

Il  paziente  viene  preparato  con  i  campi  magnetici che trasferiscono    un’informazione            riparativa, sottoponendolo  ad  induzione  magnetoelettrica  con programma  di  rigenerazione  tessutale  per  circa  20 min. subito prima dell’intervento. Questa prima fase fondamentale    permette    di    attivare    le    cascate morfogenetiche   riparative   prima   che   si   crei   la lesione  chirurgica.   Amplificando  il  sensing  ed  il signaling   tessutale   si   trasferisce   l’informazione spazio-temporalizzata    di    riparazione    (cellula    e tessuto informato).

In  sala  operatoria,  il  paziente  viene  preparato  con un’agocannula in vena per il prelievo di sangue che poi andrà nel separatore di fase per la preparazione del   bCGF.   La   stessa   agocannula   servirà   per   la gestione di eventuali complicanze in fase operatoria.

Il bCGF è costituito da una serie di fasi che si separano in relazione al peso molecolare dei componenti liquidi e corpuscolati. Avremo quindi una prima fase costituita dal siero, una seconda costituita dal “ fibrin buffy coat” che è un condensato fibrinico con una polimerizzazione

densa tanto che può essere trattato e posizionato come fase semi-solida, creando uno scaffold naturale 3D su cui aderiscono le staminali e si differenziano. Lo scaffold 3D è il presupposto per creare una comunicazione chimico-fisica fra i margini del tessuto leso. Le proteine filamentose

sono dotate di caratteristiche biofisiche sorprendenti e fra queste la loro piezoelettricità dovuta ad un forte momento dipolare. Poiché il mezzo circostante, cioè la matrice possiede una costante dielettrica bassa le reazioni chimiche risultano facilitate. Per la loro struttura le fibrille collagene si comportano come semiconduttori, per cui il flusso di elettroni sulla

loro superficie è a senso unico, come nei diodi. Perciò a seconda della disposizione relativa tra fibrille e cellule, si potrebbero differenziare delle fibrille afferenti ed efferenti. Questo concetto vale per tutte le proteine fibrillari ed in particolare per il collageno, secondo scaffold riparativo.  Il collagene, come ogni struttura peptidica è capace di risonanza. Ciò  dà  luogo  a  -elettroni  delocalizzati,  il  che  fa accelerare  l’accoppiamento  coerente  di  fotoni  e  il trasporto vettoriale di impulsi d’energia,  vale a dire d’informazione.(4) ( F. Crescentini 2011 ).

Nella 3° fase troviamo i fattori di crescita piastrinici e    le    staminali    CD34+    che    sono    fortemente angiogenetiche.  Nella  quarta  fase  troviamo  il  “red buffy  coat”  costituito  da  piastrine  integre  e  dalle altre parti corpuscolare del sangue.

Dobbiamo  ricordare  che  le  piastrine  dal  punto  di vista  biofisico  sono  i  migliori  superconduttori1   che esistano  e  si  comportano  come  ripetitori  di  energia bioelettrica.

Le   condizioni   biologiche   indispensabili   per   la funzionalizzazione dei concentrati piastrinici sono:

Dopo la centrifugazione le piastrine devono essere integre.

Corretto      dosaggio      fra      velocità      di centrifugazione e tempo di centrifugazione.

La tensione parziale di ossigeno deve rimanere entro limiti  compatibili.

Il ciclo dell’ossigeno piastrinico deve essere conservato.

1 Superconduttività: Assenza di perdite a 3 valori critici:

  1. temperatura,
  2. densità di corrente
  3. campo magnetico

a tensione parziale di ossigeno dei tessuti del   sito   ricevente   deve                  essere mantenuto a livelli compatibili.

Il sito ricevente deve rimanere sterile.

Il sito ricevente non deve modificare il Ph.

Una  volta  posizionato  il  concentrato non deve essere più rimosso.

L’aggregazione     e     l’attivazione     delle piastrine dipende  dalle  traiettorie  impresse,  dal  meccanismo di     collisione,     dal     tempo     di  collisione,  dalla caratteristica  della  collisione, dalla sua frequenza e dall’area  di  contatto  fra  le  pareti  delle  piastrine. Questo  ne  induce  l’aggregazione    e    l’attivazione anche    in     assenza  di     danno       vascolare       e quindi     dall’attività  delle         proteine           delle membrane   endoteliali.   (8)   Queste   problematiche sono    state    in  buona  parte  risolte  dalla  VLAD  ( Blood’s  Fases    Separator)  che  peraltro  nella    sua forma   più evoluta tiene conto e viene programmato anche   in   relazioni   alle   condizioni   generali   del paziente     e     quindi    delle     sue    patologie     sia ematologiche     (anemie,     eccessi     o     difetti     di concentrazione ecc.) che  altre  (  connettiviti,  errori metabolici, tumori, ecc). I mezzi biotecnologici sono rappresentati    dal    bCGF,    Blood’s    Concentrated Growth Factors, ottenuti attraverso   un separatore di fase ( VLAD – Pressing , SMR )

I    mezzi      fisici      utilizzati      sono:      i      campi magnetici ( Seqex MED), i laser a ottica non lineare 532nm ( Lasering srl ).

Le motivazioni che ci hanno  indotto ad utilizzare   i succitati mezzi fisici sono i seguenti:

1- Necessità di abbattere il biofilm batterico-fungino in maniera irreversibile.

2-  Necessità  di  stimolare  l’angiogenesi  ridotta dai difosfonati e non ripristinabile farmacologicamente.

3- Innescare un processo riparativo  molto  veloce nonostante la necrosi ossea autogenerante.

Si devono quindi  innescare  le  patways rigenerative chiudendo la porta ai batteri e   ai funghi nel  minor tempo possibile per evitare che si riformi il biofilm.

Con  i  mezzi  di  cui  disponiamo  abbiamo  impostato un    protocollo    multifattoriale    che    ci    permette un’accelerazione  di  tutte  e  cinque  le  fasi  riparative ossee   e   di   quelle   mucose   secondo   il   seguente schema:

Accelerazione programmata delle fasi riparative.

Fase      1      coaugulativa:      campi      magnetici polarizzazione     parti     corpuscolate     del     sangue accelerazione della coagulazione.

Fase   2   macrofagica:   Laser,   campi   magnetici. Riduzione dell’infiammazione relativamente  ad una miglior    qualità    dell’incisione,    alla    qualità    del debridment osseo, alla microfoto-

ablazione,   alla   fotobiomodulazione   Laser,   e   alla modulazione  delle  interleuchine  campi  magnetici. All’effetto   antibatterico   Laser-magnetico,   Laser- campi magnetici.

Fase 3 di matrice proteica: Folding proteico  +GF+supporto  alle  staminali,  bCGF,  stimolazione della    mitosi    e    dell’espressione    genica        dei morfogeni, bCGF- campi magnetici.

Fase    4    cascate    osteomorfogenetiche:    Effetto osteomorfogenetico dei campi magnetici,

Fase      5      di      rimodellazione:      Modulazione dell’osteoclastogenesi  e  quindi  del  rimodellamento con campi magnetici .

Finalità dello studio

Utilizzare  la  chirurgia  microscopica  laser-magneto- assistita  per  evitare  nella  terapia  chirurgica  delle BRONj    procedure    invalidanti    e    ottenere    una rapidissima    riparazione    tessutale    senza/minima perdita  dimensionale  ossea.  Evitare  le  complicanze post operatorie e i disagi legati al dolore all’edema e all’infiammazione  oltre  che  alle  infezioni  specie  se farmaco-resistenti  stimolando  i  tessuti  a  rigenerare rapidamente,  evitando  così  infezioni  secondarie  e ritardi    riparativi    che    possano    modificare    la guarigione clinica.

Caso clinico esplicativo

Paziente donna di 84 anni in terapia con difosfonati (Fosamax  e  altri)  da  10  anni  per  pregresso  tumore del seno. Focolaio diagnosticato molto tardivamente solo a causa di una forte alitosi.

a) Rx iniziale

b) Immediato post chirurgico

c) Riparazione a 10 giorni delle mucose – nessuna cicatrice, nessun vallo in sedazione cosciente.

E’ stata praticata terapia antibiotica e antimicotica prima e dopo l’intervento. E’ ancora più interessante dal punto di vista biologico      notare     come      si      possa     guidare l’osteomorfogenesi     (9-10)     con     le     radiazioni ultradeboli complesse e con i laser non lineari a luce verde (11) oltre che con uno scaffold autologo.

d) Riparazione ossea a 45 giorni

e) Notare la quantità di osso rigenerato e come i vettori di calcificazione seguano  esattamente  la  direzione  dei  patch  di bCGF posizionati (a) nonché lo sviluppo osseo verticale (b)

f) Visione del focolaio prima del trattamento chirurgico e dopo 45 Immagini a confronto

Conclusioni

Il lavoro tende a dimostrare che è possibile utilizzare un  protocollo chirurgico  multifattoriale  in  chirurgia microscopica     servendosi     di     mezzi     fisici     e biotecnologici,    con    la    finalità    di    ottenere    la guarigione  clinica  dell’osteonecrosi  da  difosfonato, senza   menomazioni   chirurgiche   e   senza   o   con minime  perdite  della  dimensione  ossea  evitando,  al paziente  tutto  o  quasi  il  corredo  sintomatologico post-chirurgico.  Ciò  apre  la  strada  ad  una  nuova procedura  chirurgica  nelle  osteonecrosi  in  generale ed in particolare nella BRONj.

Considerazioni

E’  interessante  notare  come  attraverso  tecnologie evolute,  si  sia  ottenuta  una    neo-osteomorfogenesi 3D  con  un  callo  osseo  che  nella  sua  strutturazione viene  guidato dallo scaffold fibrinico riproducendone  i  vettori  biofisici  su  cui  avviene  la calcificazione.

La     paziente     non     ha     avuto sanguinamento,     febbre,     dolore,     parestesie     e nemmeno edema nel post-chirurgico. E’ stata trattata

1-M. CORIGLIANO1, L. SACCO, A. CIPOLLINA, F. CRESCENTINI,   and   E.   BALDONI   Concentrated Growth  Factors  (CGFs)  in  the  Restorative  Tissue Techniques.  J  Dent  Res  89  (  Spec  Iss  B  )  :  4691,

2010

2-     M.     CORIGLIANO,     A.     CIPOLLINA,     F. CRESCENTINI1, L. SACCO, and E. BALDONI2  The Surgical Multi-factorial Protocol for Bone  and Soft Tissue Regeneration. J Dent Res 89 ( Spec Iss B ) :

3248, 2010

3- Cipollina A, Corigliano M, Crescentini F. BISPHOSPHONATE-RELATED OSTEONECROSIS OF JAW: A LOW SURGICAL IMPACT THROUGH NON-LINEAR LBO LASER AND       ULTRAWEAK       MULTIFREQUENCY COMPLEX MAGNETIC FIELDS 2011 Atti  del Congresso  WFLD-Int  J  Laser  In  Medical  Science

2011

4 – CRESCENTINI F., Le Basi Epistemologiche del Sistema Informazionale Biologico Ed. Simple 2011- ISBN: 978-88-6259-330-4

5-   Miller   MB,  Bassler   BL.   Quorum  sensing  in

Mody NA, King MR. Department of Chemical Engineering, University of Rochester, Rochester, New York, USA. Biophys J. 2008 Sep;95(5):2539-

  1. Epub 2008 May 30

9- Osteoneomorphogenesis biostimulated by

Combined Magnetic Field

  1. CORIGLIANO , S. ROSSI , F. CRESCENTINI , A. GIOVANNETTI , S. DI CARLO. J Dent Res 87 ( Special ISS B) : 2519,2008

11- The Surgical Multi-factorial Protocol for Bone and Soft Tissue Regeneration. M. CORIGLIANO1,A. CIPOLLINA1, F. CRESCENTINI1, L. SACCO1, and E. BALDONI2  J Dent Res 89 ( Spec Iss B ) :3248, 2010

ria.     Department     of     Molecular     Biology, Princeton University, Princeton, New Jersey 08544- 1014,  USA.  mmiller@molbio.princeton.edu.  Annu Rev Microbiol. 2001;55:165-99.

6-   Schneckenburger   H,   Hendinger   A,   Sailer   R, Strauss WS, Schmitt M. Laser-assisted optoporation of  single  cells.  Institut  für  Angewandte  Forschung, Fachhochschule   Aalen,   73428   Aalen,   Germany. herbert.schneckenburger@fh-aalen.de

J Biomed Opt. 2002 Jul;7(3):410-6.

8-

7- . .Binhi VN, Alipov YD, Belyaev IY. Effect of static magnetic field on E. coli cells and individual rotations of ion-protein complexes.General Physics Institute Russian Academy of Sciences, Moscow,